Solidarietà, arte e medicina nel ricordo di Benedetta

Solidarietà, arte e scienza medica. Nel “primo anno celebrato insieme”, la Fondazione “Benedetta è la vita onlus” ricompone tasselli importanti per edificare una società migliore e per lanciare un messaggio di speranza ai giovani.

 

“E’ bello – sottolinea la scrittrice Simonetta Agnello Hornby – che questa speranza parta dalla punta estrema della Penisola, perché il vero aiuto è quello che arriva direttamente all’utente  ed è profondo il rispetto che ho per quanto sta facendo la famiglia Nieddu del Rio”.

Nel ricordo della ragazzina reggina, scomparsa prima ancora di compiere sedici anni a causa di una forma aggressiva di leucemia, si ritrovano Simonetta, madrina della Fondazione, il testimonial, maestro Gerardo Sacco; e Jolanda Sarno, giovane laureata in biotecnologie mediche vincitrice della seconda borsa di studio promossa dalla Fondazione grazie alla quale effettuerà uno stage di sei mesi in California presso la Standford University per uno studio specifico sulle leucemie linfoblastiche infantili. Due i messaggi importanti: la solidarietà concreta che porta la firma della Fondazione, e la condivisione. Sono tante, infatti, le persone che insieme a Carmela e Costantino, i genitori di Benedetta, vivono il senso profondo di un impegno che arriva anche ai bisogni del territorio, ed in particolare delle famiglie disagiate. “Un anno intenso – esordisce Carmela- ricco di iniziative. E’ motivo di orgoglio che il nome di Benedetta e della Fondazione possano essere presenti in America per un progetto di ricerca di altissimo livello”.

L’incontro, moderato da Tonino Nocera, ha visto anche l’omaggio di un quadro realizzato dall’artista reggino Salvatore Smorto a Simonetta Agnello Hornby. “Ringrazio la famiglia Nieddu del Rio della possibilità che mi offre di approfondire cause ed effetti delle mutazioni genetiche. La sfida è arrivare a curare il 25 per cento dei pazienti che ancora sono inguaribili” dice la giovane vincitrice. Ed ecco Gerardo Sacco. Resta quasi spiazzato quando Carmela lo invita al tavolo dei lavori, ma li è parte integrante di quella creatività che aiuta a trasformare la sofferenza in energia. E poi, il suo rapporto con la Fondazione ha bruciato tutti i tempi, nascendo e sviluppandosi nel segno di una grande complicità, sentimentale ed artistica, direttamente dentro l’anima ed il sorriso di Benedetta.

“Amo parlare con le creazioni – confessa l’orafo. Ma una cosa la devo dire: se avessi conosciuto Carmela e Costantino subito dopo la morte della mia amato moglie, forse avrei trovato il coraggio di fare quello che hanno fatto loro. Invece, mi sono alienato per due anni, distruggendo quello che avevo realizzato per poi rinascere. Sono orgoglioso di legare il mio nome alla Fondazione con l’augurio che i giovani calabresi possano studiare nella loro terra”.

Cristina Cortese – Gazzetta del Sud 18-2-2014